di Roberto Pinto
Professore Associato – Università degli Studi di Bergamo – Dip. di Ingegneria Gestionale, della Produzione e dell’Informazione
Negli ultimi tempi la scena economica e industriale è stata dominata dalla discussione attorno al nuovo paradigma Industria 4.0: nuove tecnologie, nuovi scenari di business, impatti sociali ed economici, fino ad arrivare al tema degli incentivi proposti dal Governo.
L’attenzione è prevalentemente sulla digitalizzazione dei processi manifatturieri e sull’introduzione delle tecnologie (più o meno innovative) nei processi produttivi. Ma il paradigma Industria 4.0 impatta anche sulla logistica industriale e distributiva sotto diversi punti di vista.
In primo luogo, la logistica deve essere adattata alle esigenze della “fabbrica 4.0”, dove flessibilità dei processi e personalizzazione dei prodotti rappresentano due importanti parole chiave. La cosiddetta logistica industriale deve essere in grado di asservire le esigenze di un contesto manifatturiero e produttivo tendenzialmente molto diverso da quello che si poteva verosimilmente prospettare fino a qualche anno fa.
Allo stesso tempo, la logistica può beneficiare delle tecnologie abilitanti Industria 4.0 quali automazione, realtà aumentata, cloud computing e analytics (Figura 1) al fine di migliorare processi e risultati.
Figura 1 – Le tecnologie abilitanti Industria 4.0 – Fonte: Piano Nazionale Industria 4.0.
Le possibilità in questa direzione sono tante, anche se forse non sempre immediatamente chiare in termini di rapporto costi-benefici. Ad ogni modo, nell’ambito logistico (o logistico-distributivo per ampliare il discorso anche all’ambito della supply chain) i benefici derivanti dall’adozione delle tecnologie abilitanti sono potenzialmente dirompenti. A titolo di esempio:
- Automazione dei processi di movimentazione interna: l’automazione dei processi tramite la tecnologia è forse l’effetto più evidente delle rivoluzioni industriali, dalla prima all’attuale quarta rivoluzione. Nella logistica, ad esempio, sembra diventare sempre più percorribile la strada che vede l’introduzione di robot a supporto (o in sostituzione) degli operatori per lo svolgimento delle attività di movimentazione interna, stoccaggio e picking. Tutto questo è oggi reso possibile dal fatto che i robot di nuova generazione sono più leggeri, più flessibili, possono operare in collaborazione con gli operatori e sono più facili da programmare.
- Maggior presenza di sistemi autonomi: nella logistica interna (con prospettiva di evoluzione verso la logistica distributiva) è possibile far uso di sistemi di movimentazione “intelligenti” e in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze del contesto, permettendo di aumentare la produttività. Ad esempio, si parla molto di autonomous logistics, la cui area di influenza include i veicoli a guida autonoma, dai carrelli elevatori ai veicoli industriali ai droni.
- Maggior sicurezza degli ambienti di lavoro: la tecnologia può contribuire a rendere l’ambiente di lavoro più sicuro e, potenzialmente, più produttivo. A titolo di esempio, grazie alla sensoristica di bordo i carrelli elevatori percepiscono l’ambiente ed eventuali ostacoli imprevisti (come una persona) o zone soggette a particolari vincoli e restrizioni, e reagiscono di conseguenza, evitando incidenti, infortuni e sconfinamenti.
- Miglioramento della visibilità interna ed esterna: andando oltre i “muri della fabbrica” si entra nel variegato mondo del supply chain management, dove la collaborazione e l’interazione con clienti e fornitori diviene un requisito fondamentale per la gestione del business. Anche in questo contesto, le tecnologie che abilitano la raccolta e l’analisi dei dati, così come la tracciabilità dei movimenti e la simulazione di scenari, possono contribuire a migliorare le prestazioni dei processi logistico-distributivi di aziende operanti nei più diversi settori.
Certamente le soluzioni tecnologiche disponibili possono supportare le aziende nella gestione della complessità che caratterizza molti dei sistemi logistico-produttivi attuali. Anzi, qualcuno ha avanzato anche l’ipotesi che Industria 4.0 rappresenti quella opportunità che molti attendevano per poter domare e gestire una complessità crescente in termini di prodotto, processi e relazioni.
D’altra parte, queste considerazioni ne introducono delle altre, per certi versi di segno opposto. Ad esempio, la tecnologia ha permesso l’ingresso sul mercato della logistica di molte start-up e aziende che operano su una parte limitata dell’intero processo, senza asset logistici, attraverso piattaforme informatiche di coordinamento tra domanda e offerta: da Deliv, Postmates e Shipster (per citarne solo alcune) per il parcel delivery a Shipwire, Eyes on Freight e BoxC per il freight forwarding. Questo unbundling dei processi logistici introduce maggiori opportunità e un certo grado di efficienza, ma anche frammentazione e maggior complessità gestionale.
Un’altra considerazione è legata al fatto che queste tecnologie abilitanti si basano in larga misura su altre tecnologie (Internet in primis) e richiedono di fatto una connessione (e in alcuni casi un’alimentazione) sempre attiva e affidabile. Per non parlare dei problemi legati alla sicurezza informatica.
Insomma, la possibilità di gestire la complessità dei processi logistico-produttivi-distributivi resi “digitali” in ottica Industria 4.0 può comportare l’introduzione di complessità in altre parti del sistema. Al di là dei benefici attesi o manifesti del paradigma Industria 4.0, quindi, il tema della complessità rimane. La domanda chiave a cui sarà necessario dare una risposta è se la tecnologia riduca effettivamente la complessità o si limiti a nasconderla agli occhi degli utenti. E a quale costo.